i quaderni di Cico
 
 

Premio
Editoria Indipendente di Qualità
2007

SEZIONE Il giallo
1° CLASSIFICATO

 

ordinalo senza spese di spedizione


 


titolo: COSE SFIZIOSE
collana i quaderni di Cico
autore
Fabrizio Bianchini
ISBN 978-88-95106-30-4
- € 10,00 - pp. 188 - ©2007
concept grafico di copertina di
Emidio Giovannozzi - prefazione di Remo Bassini


Tolentino, cittadina dell’entroterra marchigiano. In un fondo commerciale del condominio di periferia Famiglia Serena viene aperto un sexy shop dall’improbabile nome Cose Sfiziose. In quegli stessi giorni, Emma Latini Bonavoglia, maestra in pensione, poetessa a tempo pieno, vincitrice di centinaia di premi, molto tirchia e con l’alito che puzza di fogna viene trovata uccisa; vicino a lei c’è un bambolo con il pene vibrante in funzione. I primi a essere sospettati sono Ugo Storti, l’omino delle pulizie, deforme e con un ritardo mentale che lo fa ragionare come un bambino, e l’amministratore Ciro Di Cataldo, di origini napoletane, sposato con una cicciona che passa il tempo a ingozzarsi davanti alla tivù.

(continua)

 



... e di Fabrizio Bianchini, leggi ancheleggi anche LA BANDA DEL GRANO, il suo primo indimenticabile romanzo divenuto un cult e TENAX, il suo ultimo romanzo generazionale


(dalla prefazione di COSE SFIZIOSE)

"...questo libro, un po’ giallo, un po’ noir, un po’ commedia all’italiana moderna di paese, non ha un finale: ma due. Uno prevedibile, forse. L’altro no: l’altro è da schianto." Remo Bassini

 
 
 

(segue)

In realtà l’assassino, che si dichiara subito come tale, è Mirko Principi, poeta fallito, bello e biondo, sciupafemmine che gira in Cayenne, alloggia al terzo piano e nella testa sente i rumori di un pubblico sempre pronto ad applaudire o fischiare le sue azioni. Sonia Giannelli, zitella dalla lingua blesa, repressa e frustrata, che abita con la mamma paralitica, si innamora di lui e gli si concede. Carlo Maria Carletti, trentaduenne disoccupato, vive in famiglia, passa il tempo a masturbarsi, perdere soldi a carte e rubare dai portafogli dei genitori. Innamorato da sempre di Sonia, che tormenta con telefonate sconce, è feticista, bugiardo e puttaniere. Di personaggio in personaggio, dai principali ai secondari a quelli abbozzati anche solo di sghimbescio, ognuno caratterizzato dai propri squallidi machiavellismi quotidiani, per una godibile sarabanda di situazioni tanto reali quanto tragicomiche, destinate a mettere alla berlina la vita di condominio, la mentalità di provincia, l’Italia dei concorsi letterari in cui tutti si credono scrittori e poeti, si arriverà, attraverso un piano di trappole, pretesti ed equivoci, all’inevitabile resa dei conti e ad un epilogo tanto inatteso quanto sconvolgente.

 

"Questo autore lo abbiamo già ammirato ne“La banda del grano”, ma oggi si può confermare con sicurezza che si tratta di un autentico talento letterario.
Cose sfiziose
è un giallo, ma non di quelli tradizionali, irriverente, caustico, fantasmagorico, con un finale che si potrebbe definire, se è possibile, eticamente catartico."
(Roberto Nicoletti)
 

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Brano tratto da "COSE SFIZIOSE"

Prologo

Il capitano Salvatore Tamburo saliva le scale di corsa, seguito dall’appuntato Colasante. Malgrado l’afa, il sudore che gli colava sui baffi era gelido.
Non riusciva a capacitarsi che una cosa del genere fosse successa a Tolentino, per di più nel condominio in cui aveva passato la prima parte della sua vita; ed era toccato proprio alla poetessa, la dolce signora Emma, che da bambino gli regalava sempre le caramelle.
Pensò con angoscia al fatto che suo padre stava lassù, al secondo piano, ad aspettarlo per dirgli cosa fare; il copione si ripeteva, come da quarant’anni a quella parte. Solo che stavolta c’era di mezzo il morto e il tanto stimato maresciallo Natale Tamburo era ormai un borghese. Salvatore arrotò i denti in quel tic nervoso che aveva da sempre. No, non sarebbe mai riuscito a invitare quel genitore invadente ad allontanarsi dalla scena del crimine. Come avrebbe potuto, lui che per andarsene di casa aveva dovuto sposare la prima che gli era capitata?
Ancora pochi gradini e sarebbe arrivato.
Quando gli si aprì davanti il pianerottolo del secondo piano, si fermò di scatto. Il padre stava in paziente attesa di fianco alla porta, con il capo chino e le dita strette sul pomolo del bastone da passeggio. Accanto a lui, Ugo, l’omino delle pulizie, sedeva sopra un secchio. Era scosso da un tremito incontrollabile e continuava a strizzare lo straccio, incurante della pozza d’acqua sporca tra i piedi.
- Babbo – disse, con un filo di voce.
- Buongiorno, maresciallo – salutò Colasante.
Il padre alzò lo sguardo da terra. – Vai dentro, Salvatore – sussurrò, indicando con un cenno della testa l’uscio aperto.
Il capitano annuì. Si diresse deciso verso l’appartamento della maestra in pensione Emma Latini Bonavoglia, e una volta entrato allungò una mano verso l’interruttore della luce.
- Hanno staccato il generale di sotto, Salvatore. Non l’ho riattivato per non inquinare le prove.
- Molto bene, babbo. – Ci avrebbe scommesso lo stipendio di un anno: il padre, prima di avvisarlo, era andato mettendo il naso dappertutto.
- Sta in cucina. Fai attenzione, tutte le tapparelle sono abbassate.
- Tu rimani qui? – Salvatore Tamburo si avviò lungo la elle del corridoio senza aspettare la risposta; arrotava i denti così forte da temere di scalfirne via qualche pezzo. L’aria era pervasa da uno sgradevole odore di arrosto, mentre una specie di ronzio lacerava la penombra.
Appena svoltato l’angolo intravide un corpo disteso a terra, proprio sotto l’arco della cucina. – La torcia, Colasante – ordinò, brusco, al collega.
- E’ rimasta in macchina, comandante.
- Bravo, coglione.
- Ma sono le 10.00. Non pensavo... se vuole...
- Lascia stare. Ormai ci siamo.
Quando raggiunse il cadavere, Salvatore Tamburo si rese conto che era proprio quello la fonte del ronzio. – Cosa diavolo... – farfugliò, chinandosi. – Ma non è la signora Emma. - In quel momento un fascio di luce lo colpì in pieno viso. – Porca puttana! – esclamò, riparandosi con l’avambraccio.
- Guarda, Salvatore.
La luce della torcia si spostò verso il basso, e Salvatore, ubbidiente, guardò: ai suoi piedi c’era un bambolotto nero di plastica gonfiabile ad altezza naturale, con indosso solo un giubbotto di pelle da motociclista; aveva la lingua in fuori e un enorme pene eretto che vibrava instancabile.
Il padre restituì subito al buio il finto cadavere e illuminò il centro della cucina.
Emma Latini Bonavoglia stava seduta su una poltrona, con la nuca appoggiata alla spalliera; aveva in grembo Amadeus, il suo chihuahua, e gli poggiava una mano sulla testa nell’atto di accarezzarlo.
Il capitano Tamburo si rialzò e seguì la scia di luce come un automa. Quel maledetto ronzio gli impediva di pensare: la sua mente aveva partorito l’immagine di un’enorme sega che gli tagliava il cervello in tante fette.
L’odore di arrosto opprimeva l’intero ambiente: acre, fastidioso, penetrava nel naso e si insinuava su fino agli occhi, facendoli lacrimare.
Quando fu davanti alla poetessa, si portò la mano alla bocca e trattenne a stento un conato di vomito: la donna, vestita come al solito con un lungo abito nero, aveva un taglio orizzontale che le attraversava tutto il collo, appena sopra la collana di perle che era diventata completamente rossa; gli occhi sbarrati fissavano il soffitto, mentre un ghigno le deformava il volto. Amadeus, invece, giaceva cotto a puntino su un vassoio colmo di cetrioli tagliati a fette, con una carota infilata nell’ano e uno spicchio di limone in bocca.
- Vergine Maria! – esclamò Colasante.
Salvatore Tamburo si voltò lentamente verso la luce. – L’ha trovata Ugo, non è vero? – chiese, dopo essersi schermato gli occhi con una mano.
Il padre abbassò la torcia e la puntò di nuovo sul pupazzo nero, inquadrando il fallo che non dava segno di voler smettere di ronzare. – Per lui sarebbe stato facile procurarsi un coso di questi. Molto facile.
- Già. E’ sempre là?
- Puoi scommetterci. Gli ho ordinato di non muoversi.
- Vado a interrogarlo.
- E’ inutile, Salvatore. Ci ho già provato io.
- Babbo, è il mio lavoro.
Natale Tamburo non rispose, ma si lasciò sfuggire un sorrisetto di commiserazione.
Il capitano finse di non accorgersene e si avviò a lunghe falcate verso l’uscita. Per quanto si sforzasse, il digrignare dei denti era sempre più fuori dal suo controllo. – Ugo – chiamò, quando fu fuori dall’appartamento.
L’omino delle pulizie, che se ne stava sempre seduto a strizzare lo straccio, sollevò il testone glabro. Una lacrima gli si era fermata sull’enorme porro sopra lo zigomo sinistro, facendolo luccicare alla luce del sole. – Povera poetessa – balbettò. – Era tanto buona. Mi faceva sempre il caffè.
Salvatore Tamburo distolse lo sguardo da Ugo. Quegli occhi esageratamente chiari che non si sapeva mai dove guardassero gli procuravano un disagio insopportabile. – Te l’aveva preparato anche oggi?
- Non lo so.
- Come, non lo sai?
Ugo si asciugò la lacrima sopra il porro e rimase in silenzio.
- Insomma, ti ha invitato a entrare? – insisté il capitano, cercando di mantenere un tono di voce tranquillo. Sapeva che se quell’omino deforme con il cervello di un adolescente si fosse spaventato, addio possibilità di tirargli fuori qualcosa.
- Era tanto buona.
- Lo sappiamo. Ce l’hai già detto. Adesso rispondi alla mia domanda, per favore.
L’omino delle pulizie si strinse nelle spalle. – La porta era aperta. Ho chiamato. Non rispondeva nessuno.
- Allora sei entrato?
- Non si vedeva niente. La luce non funzionava. Seguitavo a chiamare e andavo avanti. Poi... – Ugo scoppiò a piangere a dirotto e si portò lo straccio nero alla faccia.
In quel momento si udì un suono di sirena provenire dalla strada.
Natale Tamburo mise una mano sulla spalla del figlio. - Dev’essere la scientifica da Macerata.
- Hai ragione, babbo – ammise il capitano Tamburo, a malincuore, indicando Ugo. - Sono sicuro che hai visto giusto pure stavolta.
- Sarà il caso di valutare anche la posizione del geometra Di Cataldo: è l’amministratore, impossibile che non sappia nulla. Magari erano d’accordo.

(...)

 

 

Fabrizio Bianchini è nato a Macerata nel 1961 e da molti anni vive a Tolentino (MC). Ha ottenuto riconoscimenti in circa 110 premi letterari. Suoi racconti sono stati pubblicati in antologie edite, tra gli altri, da Fandango, Malatempora, Delos Books e nelle riviste letterarie Robot, Writers Magazine Italia e Prospektiva. Collabora come editor con la casa editrice Cicorivolta.Nel 2006 ha pubblicato, con Cicorivolta Edizioni, il suo primo, fortunato romanzo dal titolo “La banda del grano”. Nel 2007, insieme a Franco Forte ha dato alle stampe il manuale, edito da Delos Books, dal titolo: “Come partecipare ai premi letterari e vincere”.