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Brano
tratto da "FANTASMI DENTRO"
(...)
Entrò
spargendo la fragranza del suo profumo nella stanza. Si tolse il cappotto
leggero con studiata eleganza e si sedette sul divano che già ci
aveva accolto in passato. Accavallò le lunghe gambe, mi guardò
sottecchi e aggiustò la gonna tirandola verso il ginocchio. Mi
sedetti accanto a lei, labbracciai, la baciai, laccarezzai,
tutto con un trasporto maggiore del solito.
Lei, confondendo le sue attese con le mie, fu coinvolta dalla palpabile
eccitazione che aleggiava nella stanza.
Incominciammo a fare sesso, ma questa volta più tra i sì
che tra i no.
Mentre eravamo tutti soli, o almeno così pensava lei, fecero il
loro ingresso i miei due compagni. Tentò di ricoprirsi alla meglio
mentre mi guardava con occhi interrogativi.
Sorrisi, perfido.
«Ma tu... non mi...?» mi fece guardandomi senza più
alcuna malizia.
Che delusione! Dovè ora la tua sicurezza, il tuo charme,
la tua eleganza? Piangi come una qualsiasi? Che cosa sei ora?
Nulla, per me, proprio nulla.
«Io» le dissi con un ghigno, «io sono quel che devo
essere e non posso permettere che tu... sia di ostacolo per quello a cui
sono predestinato!»
E le strappai il lenzuolo da dosso.
Gianni aveva già adocchiato da tempo ciò che lo interessava,
anche se per rispetto verso di me non ne aveva mai parlato esplicitamente.
Ma di fronte alla nudità perse ogni ritegno. Del resto alla riunione
gli avevo già dato campo libero.
Mentre Gianni la possedeva a suo modo, Alessio si eccitò moltissimo
in quella situazione. Sentiva il pianto sommesso interrotto da violenti
singhiozzi della ragazza, vedeva me che sorridendo beffardo mi liberavo
dalleventualità del coinvolgimento e vedeva la foga di Gianni.
Tanto fu preso dallevento che quella sera andò dalla moglie
del preside, una donna che conciliava benissimo le sue tendenze masochistiche
con lindole di Alessio.
Già, la moglie del preside, come si chiamava quella stronza? Come
posso non ricordarlo, visto ciò che è successo poi! Mah,
mi verrà in mente dopo.
Forse.
Quando la cerimonia di liberazione (noi così le chiamavamo)
fu terminata ricordo che Marta giacendo per terra mi guardò dal
basso verso lalto con i suoi occhi scuri, rossi di lacrime e di
odio.
«Animali, siete tutti e tre animali. E tu sei uno stronzo con il
cuore nero come la notte.»
Il pugno le arrivò in pieno viso.
«Puttana, io non ce lho il cuore!»
Non lo pensavo veramente, ovvio, ma era proprio una bella frase, adatta
al momento, da uomo carismatico.
La costringemmo a rivestirsi dopo le solite fotografie per ricattarla
e le consigliammo di non farsi più vedere, né sentire, perché
altrimenti...
In effetti, la rividi alcuni mesi dopo. Aveva il naso rifatto e stava
decisamente bene con il nuovo profilo (e si era pure lamentata...). Anche
lei mi scorse e, lanciandomi unocchiata dodio, cambiò
marciapiede rapidamente costringendo le auto a frenare bruscamente.
Ma non era lei la ragazza dello specchio.
Ho detto occhi scuri e pieni di odio.
La ragazza dello specchio aveva fermi occhi chiari.
(...)
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Giancarlo
Vitagliano vive a Napoli, dove è nato il 22.03.1955. Dopo aver
frequentato il Liceo Classico si è laureato in Medicina ed è
cardiologo presso il più grande ospedale del sud.
Appassionato di libri, fumetti, cinema, musica e moto, da alcuni anni
ha smesso di fantasticare soltanto e ha deciso di scrivere le storie che
gli nascevano in mente.
È sposato e ha due figlie.
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