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ordinalo
senza spese di spedizione
Testimone
del fatto che soltanto e sempre la verità individuale - che spesso
trapela da un buco, da una cavità sotterranea, da un periscopio
d'orbite - può restare e sempre resterà - insieme ai fatti
reali e sociali della Storia -, un efficace, raffinato e preciso atto
di narrativa senza tempo di Stefano
Paolocci.
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titolo:LA
PANCHINA
collana i quaderni di Cico
autore Stefano Paolocci
ISBN 978-88-95106-17-5
© febbraio 2008 -
€
11,00 - pp.
81
in copertina,
studio
e illustrazione di
Simone
Pieralli, elaborazione di Phab
Postini
Fra
gli ultimi giorni del "Geniul din Carpati", ossia Nicolae
Ceausescu, e gli anni immediatamente successivi alla sua celebre fucilazione
in diretta TV (25 dicembre 1998), la Romania cadde nell'equivoco di
una rivoluzione in pratica mai attuata. Specchio di una società
spaccata fra la voglia di libertà e l'immobilità latente
di un'intera generazione figlia dell'arretratezza del regime ceauseschiano,
è Nicu, insegnante di Bucarest. Nicu si trova nel breve volgere
di qualche mese disoccupato e dovrà affrontare i disagi di un
lavoro che non c'è, i soldi che scarseggiano, il cibo che manca.
Mihail, ragazzino del sottosuolo, vive con la sua amica Barbie nella
rete fognaria che taglia la città in trasversale. Da sempre popolata
da un'umanità fanciulla, la Bucarest delle fogne è una
jungla dove esiste solo la legge del più forte, dove ci si sballa
sniffando Aurolac dai sacchetti di plastica e ci si prostituisce per
mangiare in cambio di una manciata di dollari.
Un giorno, sui prati innevati del parco Tineretului, polmone verde di
Bucarest e invisibile muro divisorio fra i quartieri bene e la periferia,
le storie di Nicu e Mihail s'incrociano. Che sia l'inizio di un cammino
nuovo? Probabilmente no. Bucarest continuerà a correre nel buio
incrostato di una rivoluzione mai attuata, le fogne si popoleranno di
nuovi abitanti e tutto, sotto le insegne dei nuovi conquistatori occidentali,
apparirà accessibile, acquistabile. Barbie sarà portata
via dall'orrenda depravazione dell'uomo. Mihail, infine, vedrà
la Bucarest dal terreno e non più dall'occhio cieco di un tombino.
Nicu vivrà in prima persona, nel cambiamento che minerà
le sue certezze, la rivoluzione a cui aveva solo assistito.
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(brano
tratto da "LA PANCHINA")
(...)
Nu
dormiti. Non dormire.
La prima volta che me lo urlò in faccia, Adrian aveva la vena del
collo gonfia e scura, una biscia nera risvegliata dal suo letargo che
cercava di sgranchirsi, contorcendosi e agitandosi. Credeva che la mia
fosse apatia, per questo s'imbestialiva. Certo, in quei giorni ero indifferente,
palesemente immobile e oltremodo lunatico. Ma potevo mai paragonare i
solenni ideali di libertà e democrazia con un miserevole innamoramento?
Come avrei potuto barattare la fossetta su cui mi stendevo a contemplare
il cielo stellato degli occhi di Sylvia con la rivoluzione, l'uguaglianza
e la fratellanza? Mi sarebbe mai stato concesso di smarrire tutto me stesso
dietro l'azzurro di due avvenenti occhi turchini incorniciati dal nero
seppia di rilucenti ricci? Magari in altri giorni, magari in altri luoghi,
ma non in quel tempo, non nella Bucarest di quelle ore. Così fingevo,
mettevo la maschera di chi assiste dalla finestra del palazzo di fronte
all'incendio della propria casa, ebete nell'osservarne gli abitanti fuggire
in strada cosparsi di fiamme. Ne soffrivo, ovvio. Pativo gli attacchi
spietati di Adrian, la sua incomprensione, il suo allontanarsi. Avrei
potuto dirgli tutto, Adrian, amico mio, mi sono innamorato di una del
terzo anno e lui avrebbe riso e mi avrebbe fatto l'occhiolino domandando
con un unico gesto se ci andavo a letto. Avrei potuto portare anche Sylvia
alle riunioni segrete, ma è un po' complicato convincere qualcuno
a seguirti se neppure conosce il tuo nome. Avrei potuto gridare in aula
che sì, non passo ora del giorno senza pensare a te e che sul divano,
mentre dormo, mi strofino sognando i tuoi fianchi turgidi e la tua pelle
lattea.
Nu dormiti è invece tutto quello che ricordo.
Nu dormiti è quello che ripeto alla tigre qui annientata
sul terreno innevato del parco, una fossa di rosso sbiadito che il calore
del corpo, assieme al sangue sceso dallo zigomo spaccato, si è
scavata per convezione. Tutto sommato sembrava serenamente addormentato
e l'avrei lasciato continuare il suo viaggio (alcolico? chimico? chissà
) se solo non avessi notato, stretta fra le sue mani, la foto tessera
di Adrian, arraffata dal ragazzino assieme al mio portafogli. Non che
non avessi riconosciuto le sembianze di quel furfantello, non è
questo, ma sotterraneo montava e mi pervadeva quel sapore di rivincita,
di giustizia divina, meschina, spregevole e vile quanto si vuole, ma dovuta:
mi sentivo in diritto di ricambiare a quel corpo inerme il mio naso rotto.
Poi Adrian si è materializzato con la sua ciocca ribelle e quell'orribile
sciarpa attorno al collo.
Nu dormiti.
Un cane che riconosco faceva parte della carovana della nazione; è
accucciato vicino al ragazzo. L'inferriata del suo torace è statica,
non si dilatata più. Il buon Dio deve aver premiato la bestiola
e condannato il ladruncolo. Scosto il cadavere dell'animale e infilo entrambe
le braccia sotto il corpo del ragazzino. Persuaso del contrario, applico
troppa forza nel sollevarlo. La sua inconsistenza mi sbatte contro facendomi
notare anche una lacerazione profonda al polpaccio, stranamente pulita,
quasi qualcuno avesse leccato la ferita. Così scendo dal Golgota
con quest'anima dannata fra le braccia, cullato dal suono ossessivo della
mia voce, nu dormiti, nu dormiti, nu dormiti
(...)
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Stefano
Paolocci, vive a Vasanello (VT) con la sua famiglia.
Ha pubblicato, fra laltro: Prima la panna poi il cioccolato
con Elena Invernizzi, Editrice Effequ (2004); Sopra-a capo-vissuto,
Spazzatura!, AA.VV. Fernandel (2005); Sgorbiafaccia, Hablò
Edizioni (2006); Chi è muto non parla (la storia in
metafora della mafia) con Elena Invernizzi, Simone Editore (2007).
È il curatore del romanzo Isola per due di Aidan Sweets,
Arpanet (2008).
Vorrebbe fare il pastore in Irlanda.
O la pecora.
Dipende dai giorni.
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