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titolo: "Una perversa normalità" - Prefazione di Angela Botta
collana: temalibero
autore: Roberto Capponi -

ISBN 978-88- 97424-70-3
€ 13,00 - pp.205 - ©2013 - in copertina,illustrazione originale di Andrea Tarli - BadTripProduçao (www.badtrip.it)


Riccardo, studente dapprima svogliato e dunque allievo modello, si laurea con il massimo dei voti, conseguendo un master all’inseguimento di uno “status” che coincide con l’appagamento dell’intera famiglia Sensini, da sempre all’affannosa ricerca di consenso sociale in una città che li vede “forestieri” e non integrati.
Ripercorrendo le orme del padre Tommaso, Riccardo si impiega in banca ed è lì che si costruisce una carriera invidiabile, specchio in cui riflettere le aspettative di altri in barba a un crescente disagio personale che diverrà nel tempo vera e propria malattia, con la quale confrontarsi e combattere per mantenere limpida la propria immagine.

 

 
 


Il testo contiene, tra i capitoli, un metatesto di versi in prosa indicato dall'autore come “trascurabile”, vòlto tuttavia a smascherare, con gli istanti che scorrono, i fantasmi, le paure, i tormenti dell'animo del protagonista.

 

 
     
Dalla Bottega del Libro, Corso della Repubblica, Macerata.
 

il bancario in rivolta contro la "maceratesità"... leggi l'articolo su www.cronachemaceratesi.it

 

 

Brano tratto da "Una perversa normalità".

1

L’undici di settembre del 2011, Riccardo aveva compiuto da poco quarantadue anni. Quel giorno si commemorava il decennale della strage delle Torri Gemelle a New York con l’inaugurazione del “memorial” alle vittime del terrorismo islamico. Due grandi orme (ancora orme…) vennero scavate nel suolo di Manhattan a ricalcare il basamento delle torri, i nomi dei deceduti scolpiti sulla pietra che incastonava le due enormi cascate d’acqua. I familiari dei martiri cercavano il nome dei loro cari mentre una litania cadenzata e solenne sciorinava la battitura d’un elenco che nessuno avrebbe mai voluto sfogliare…
Riccardo era steso sul divano, il ventilatore del Self a ghiacciare il sudore d’una estate rovente ed infinita, guardava la televisione senza vederla, assorto nei pensieri concentrici d’una sceneggiatura che all’infinito replica se stessa: come un’idea che si fissa. Sfogliava i giorni d’un libro rimasto inesorabilmente fermo alla pagina uno. Riccardo era sposato con Jessica, una donna alta, snella ed appariscente, capelli neri e lunghi sfioravano quasi l’incavo del sedere, un sedere tondo e sodo da fare invidia a molte ragazzine nonostante i quaranta anni portati con maestria e leggerezza. Due seni piccoli ma alti, lunghe gambe ed una sottile caviglia completavano la sua attraente figura. Si erano sposati nel duemila, dopo un fidanzamento di tre anni ed una convivenza che ne aveva certificato la compatibilità. Si erano conosciuti alla discoteca Zumba nell’estate del 1997. Fu il destino, pensava Riccardo, a farli incontrare. A quei tempi Riccardo lavorava alla Banca Nazionale del Lavoro di Modena e quel fine settimana non sarebbe nemmeno dovuto rientrare dalla sua famiglia a Macerata, avendo ricevuto un invito, poi declinato, a passare il weekend a casa di Patrizia, una sua collega di Roma che si trovava in addestramento a Modena. Patrizia non era propriamente una bella ragazza ma risultava elegante ed interessante soprattutto per quel seno sfacciato che non riusciva a tenere a bada con nessun reggipetto.
L’idea era allettante ma tant’è, Riccardo decise di rimandarla, sicuro che Patrizia lo avrebbe aspettato comunque e che sarebbe stato sufficiente un cenno per averla fra le sue braccia, calda e sensuale come sempre l’aveva sognata nei suoi assoli divenuti “sterilmente monogamici”…
Il viaggio di ritorno da Modena fu devastante, il treno Milano/Bari era stracolmo di persone, il tanfo era divenuto insopportabile e già a Cesena Riccardo aveva maledetto il suo intento di ritornare. Poteva rimanere con Patrizia, ora potevano guardarsi, occhi negli occhi, pieni d’ormoni a scaldare la serata di fronte ad un aperitivo ch’era preludio d’una notte di sesso full time. Invece no, “sono proprio uno scemo” si ripeteva guardando orde d’umanoidi assalire il treno ad ogni stazione: un’infinita via crucis senza gaudiosi misteri. Tanto più che Riccardo odiava da sempre i luoghi sovraffollati, sin dai tempi dell’Università e, se poteva, se ne teneva alla larga il più possibile, evitando di interloquire, pena l’aggravarsi della sua malcelata misantropia, con inutili cloni della sua stessa specie. Gli sembrava di parlare con delle scimmie ammansite: intelligenze appena sufficienti ad ergersi su due zampe…
Si rifugiava nel ministereo che portava sempre con sé ascoltando senza interruzioni il meglio di Ligabue, manifestando una sorta d’autismo inconsapevole che comunque tornava utile per evitare contatti con sconosciuti ed insinuazioni di “virus dell’imbecillità” nel suo cranio che considerava ancora scevro da idiozie standard. Finalmente era arrivato a Civitanova: suo fratello Simone lo attendeva sul binario primo.

(...)

 

 

 

 
 
 

Roberto Capponi nasce nel 1969 ad Ascoli Piceno.
Vive a Macerata. È laureato in Scienze Economico Politiche. Collabora con le riviste “Nova” e “Flussi potenziali”, entrambe edite dal Rabdomante. Ha pubblicato “Stasi Vagabonda” (Albatros/Il filo, 2009) e “Randagiamente” (Campanotto, 2010).