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Paolo D'Amato
TEMPO

recensione di Raimonda Granato

Siamo nel 1975 e il Movimento Sociale Italiano sta per scendere in piazza con un comizio, i camerati vigilano armati in cerca dei comunisti, ‘i compagni’ da punire anche con le bombe a mano; in mezzo, due giovani poliziotti, Napoleone Senape e Graziano Lipari, diversi per estrazione sociale e per temperamento, con l’ideale comune di giustizia e ordine.
Il romanzo si divide in due atti. Il “Primo Tempo” mostra le sollevazioni studentesche, le occupazioni a scuola e le pubblicazioni anarchiche, i giovani infervorati da ideali aurei, purtroppo, poi presi nella morsa della violenza, e si chiude con l’omicidio del giudice Giannotti, il 30 novembre 1975, e con l’entrata in scena del terrorismo e delle Brigate Rosse. Gli ideali dei giovani sembrano essere degenerati in una violenza senza controllo. Il secondo atto si apre nel 1999 e il lettore è impaziente di conoscere la sorte dei personaggi lasciati 24 anni prima. Il Secondo Tempo rappresenta quello che rimane quando i sogni e gli ideali lasciano spazio alla realtà, fatta di una crudeltà spesso senza senso. D’Amato sa narrarci la quotidianità di omicidi e vendette, la stessa che riempie le pagine dei giornali ogni giorno; così come ci narra i problemi comuni a tante famiglie, in lotta con una quotidianità che non fa notizia, ma che rappresenta il punto di incontro che va al di là della Grande Storia e dei grandi ideali. Il linguaggio semplice e diretto, a tratti permeato di descrizioni tecniche rubate alla polizia scientifica, fa in modo che il lettore non abbandoni il libro se non all’ultima pagina. E che anche allora sia spinto ad approfondire le tematiche trattate dall’autore, perché il lontano 1975 non è poi tanto lontano, soprattutto se pensiamo che, sebbene le Brigate Rosse non siano più alla ribalta della cronaca, il terrorismo permea ancora la nostra realtà.


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