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La street art di Andrea Tarli si sintonizza
sulla rotta Ascoli – Lisbona...

INTERVISTA DI FABIANA PELLEGRINO

È partito con un biglietto di sola andata, Ascoli Piceno-Lisbona, con in testa la volontà di lasciare un segno indelebile sulla Calçada da Glória, una delle vie della movida lisbonese. In tasca l’invito riservato a selezionati street artist stranieri: partecipare ai lavori del Gau, la Galleria di Arte Urbana che sta trasformando la capitale del Portogallo in una galleria a cielo aperto dell’arte di strada. Così ha preso la sua sacca nera, l’ha riempita di bozzetti e bombolette ed è partito per il Portogallo. Andrea Tarli in pillole: nasce ad Ascoli Piceno 42 anni fa, si laurea in geologia, ma difende la passione per il disegno, che esplode definitivamente e scrive il suo futuro. Nell’ultimo anno ha collezionato il murales “Libera” con cui ha dato ossigeno e luce a una delle pareti più grandi del cortile interno della casa circondariale di Marino del Tronto (17 metri per 5) per il progetto “Coloriamo il carcere” e l’opera commissionata dal Comune di Ascoli per il quartiere Piazzarola. Oggi si trova in riva all’oceano a testimoniare l’estro e la genialità italiana a Lisbona, capitale entrata d’ufficio nella mappa dell’arte urbana europea.

Cominciamo da Lisbona: come sei arrivato lì?

"Quando ero ancora studente vidi il film Lisbon Story di Wenders e ne rimasi colpito. Il film doveva essere uno spot pubblicitario per la città, ma il regista si concentrò sulla crisi personale di un artista che si era perso e vagava per una città decadente ma piena di fascino, di musica, di poesia. Ebbi subito voglia di venire a Lisbona, ma passarono molti anni prima di poterlo fare. Era il 2009 o il 2010, non ricordo di preciso, e come tutti i turisti andai a vedere la famosa Calcada da Gloria e i suoi vecchi tram. Con mia grande sorpresa vidi ai lati i primi pannelli del Gau (Galeria de Arte Urbana). Non avevo assolutamente idea di cosa fosse, ma ricordo che ne fui entusiasta, sognando di dipingere qui un giorno. È strano come poi a distanza di qualche anno mi sia ritrovato proprio a colorare uno di quei pannelli. Qualche mese fa ho contattato via mail Inês Machado, responsabile della Galleria, una persona molto gentile e disponibile, inviandole un progetto per la realizzazione di un murales. Il progetto è piaciuto e sono stato invitato a realizzarlo proprio su uno dei pannelli della Calçada da Glória, tra mille turisti e macchine fotografiche e ritrovandomi per caso anche parte di un documentario sulla città".

Di cosa ti stai occupando in questo momento?

"Ho da poco terminato un murales in un noto locale al centro di Lisbona. In questo momento, mentre continuo alcune collaborazioni italiane, ho iniziato a lavorare a un progetto per delle illustrazioni con tema Lisbona subacquea e proprio in questi giorni (ndr. l’intervista è stata realizzata il 20 ottobre 2015), in collaborazione con Apurb (Associação Portuguesa de Arte Urbana ) stiamo programmando un altro murales da realizzare a dicembre, sempre qui nella capitale. Per il resto, mi guardo intorno, respiro aria atlantica, faccio cose, vedo gente".

Ogni tanto torni ad Ascoli?

"Torno spesso ad Ascoli, non sono fuggito…diciamo che è la mia base italiana. Lì sono nato e lì ci sono le persone per me più importanti, oltre chiaramente ad una parte del mio lavoro".

I murales: cosa pensi di questa forma d’arte?

"In verità mi sono interessato tardi alla street art, forse da quando ho iniziato a far fatica a comprendere le sovrastrutture dell’arte contemporanea ormai troppo lontana dal popolo. L’arte visiva deve arrivare a tutti, come una musica che esce da una finestra e tutti devono trarne beneficio, non solo quelli che possono pagarla. Nella street art vedo il sudore e l’impegno, vedo gente molto brava realizzare veri e propri capolavori per un rimborso spese. È una forma d’arte generosa che non può nascondersi dietro a concetti fumosi imbastiti da critici furbetti. Qui l’unico critico è la strada e la strada, passatemi il termine, ti sfancula senza pietà".

Spesso ti sei definito un artista non convenzionale, in che senso?

"Davvero mi sono definito così? Forse significa che tendo a prendermi poco sul serio o semplicemente che sono portato a dare il giusto peso alle cose che faccio. Disegni, non operazioni a cuore aperto".

Andiamo a ritroso: raccontaci adesso come sei arrivato all’arte…

"Io sono un autodidatta, all’università ho studiato materie scientifiche, ma tra numeri e teoremi ho sempre disegnato. Era un hobby, una valvola di sfogo ma non un lavoro. Un lavoro lo è diventato poco prima della laurea. Ho iniziato facendo disegni per studi grafici, poi il web designer, continuando però a dipingere le mie tele. Nel 2003 un gallerista della mia città mi fece fare la prima mostra e da lì non mi sono più fermato. Ho fatto diverse mostre in Italia e all’estero, dedicandomi molto all’illustrazione ed un po’ alla scultura e ai video. Mi è sempre piaciuto conoscere nuovi materiali e provare stili diversi, esplorare i confini della mia creatività e mettermi in difficoltà. Ho fatto copertine e illustrazioni per libri, locandine, cartoon, cd multimediali, cd cover, disegni per abbigliamento, etichette per birre, short comics, progetti per vetrate artistiche, adesivi, lezioni di pittura e murales. In verità mi sono interessato tardi alla street art, forse da quando ho iniziato a far fatica a comprendere le sovrastrutture dell’arte contemporanea, troppo lontana dal popolo. L’arte visiva deve arrivare a tutti, come una musica che esce da una finestra e tutti devono trarne beneficio, non solo quelli che possono pagarla".

Le Marche e Andrea Tarli: che rapporto c’è tra voi?

"Non so quanti marchigiani sarebbero capaci di rispondere a questa domanda, forse per un siciliano sarebbe più facile. Le Marche da un punto di vista amministrativo, nella mia città, vengono a malapena percepite. Ascoli è il sud delle Marche e non credo che i marchigiani abbiano mai sviluppato uno spirito di vera unità regionale. Non lo so, potrei sbagliare. Da un punto di vista territoriale la mia regione è un gioiellino incastonato tra l’Adriatico e l’Appennino con infinite varietà enogastronomiche. Sole, mare, montagna buon cibo e buon vino, quasi uno stereotipo italiano, una regione che mi piace molto e che consiglio a tutti di visitare. Dobbiamo ancora farci conoscere, ma è un gran bel posto e potenziare l’aeroporto di Falconara sarebbe già un bel passo avanti".

Ora che sei fuori dall’Italia, hai forse la giusta distanza emotiva: che spazio rimane per l’arte in questo Paese? E che spazio per gli artisti?

"A Lisbona c’è una grande attenzione per l’arte ed in modo particolare per la street art, c’è una stimolante concorrenza e il livello è molto alto. Qui, girando per strada, ci si imbatte casualmente nelle opere dei maggiori artisti al mondo, ma allo stesso tempo si ha la sensazione che le cose si possano fare, che il fatto di non essere portoghese non sia una discriminante e soprattutto non si percepisce quel clientelismo tipico del Bel Paese. In Italia di arte ne abbiamo tantissima, un’eredità inimmaginabile che tutto il mondo ci invidia. Forse siamo talmente abituati ad essere circondati dalla bellezza che rischiamo di rimanerne quasi indifferenti. Il risultato è una scarsa considerazione per il mestiere dell’artista, il più della volte associato a un hobby più che a un vero e proprio lavoro. Per fortuna in Italia si continua comunque a produrre ancora tanta arte ad alti livelli. Non lo so quale spazio resterà per gli artisti in questo Paese, spero tanto e spero sempre più. L’unica cosa che sento di dire, visto che pago le tasse in Italia, è che chi fa arte per mestiere è soggetto comunque a una pressione fiscale significativa e spesso ad affitti non calmierati. È chiaro quindi che non producendo beni di primaria necessità, in tempi di recessione si può andare incontro a situazioni difficili se non insostenibili. Il risultato inevitabile è che qualcuno molla e qualcuno se ne va a Berlino".

 

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il luogo facebook di Andrea Tarli:
https://www.facebook.com/Andrea-Tarli-54814304253/

il sito internet:
http://www.badtrip.it/



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