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Iannozzi Giuseppe. Intervista a tutto campo.

Da Bukowski a Nietzsche e oltre...

di Giovanni Agnoloni

 

1) Perché hai sentito l'esigenza di scrivere una raccolta di racconti ispirati ai personaggi e alle storie dei libri di Charles Bukowski?
In questo 2014 cade il ventennale della morte di Charles Bukowski (16 agosto 1920 - 9 marzo 1994). Sono uscite diverse pubblicazioni su Bukowski, parecchie per la verità: omaggi di autori vicini alla scrittura bukowskiana ma anche raccolte di libri, sino ad ora inediti, di Bukowski. Hank amava scherzare con la morte e farsi beffe di lei, per cui ha lasciato parecchio materiale inedito affinché venisse pubblicato dopo la sua dipartita. Il mio è un omaggio a Bukowski, a un outsider della letteratura, a uno spirito libero che non ha mai sventolato bandiere, men che meno quella dell'anarchia. Sbagliando, molti hanno pensato di inserirlo tra gli scrittori della Beat Generation, tra gli hippie e non da ultimo tra gli scrittori pornografici ed erotici. Hank non si è mai legato ad alcuna corrente letteraria: chi ieri e chi oggi ancor pensa che Hank appartenga alla letteratura underground o pornografica, fa un errore più che mai grossolano. Il sesso, per Bukowski, era un accessorio per descrivere la società e i comportamenti - non poche volte animaleschi ma d'una disarmante schiettezza - di una umanità ai margini.
SCANDALO sarebbe dovuto uscire con un editore che, purtroppo, per imperscrutabili motivi si è tirato indietro all'ultimissimo momento adducendo la scusa che la narrativa non tira, che sul mercato c'erano già altre pubblicazioni su Hank. Peccato che l'editore, che avrebbe dovuto pubblicare SCANDALO, continua a pubblicare narrativa e con un certo ritmo per giunta. SCANDALO non è dunque uscito con un editore e io non ho avuto il tempo per proporlo ad altri. Un colpo gobbo quello che ho ricevuto e che non mi è piaciuto affatto, tanto più che continuano a uscire omaggi, più o meno riusciti, a uno degli scrittori più liberi che il panorama letterario abbia mai conosciuto.
I miei racconti ricalcano lo stile di Bukowski, anche per la punteggiatura. Le tematiche trattate sono quelle care ad Hank, tematiche che oggi risultano essere più che mai attuali. La crisi, la mancanza di lavoro, la politica di tanti radical chic tutta basata su un perbenismo interessato, i nuovi poveri, l'immigrazione, la dilagante disperazione, il gioco d'azzardo e le scommesse, tutti questi temi sono d'una attualità allarmante. Purtroppo c'è chi non vuol vedere né capire. La Storia si ripete. Ieri non era diverso, per cui non c'è motivo di sorprendersi: sempre ci s'inchiappetta da sé per farsi del male senza trarne alcun godimento.

2) Il tuo stile e le situazioni che presenti sono di forte impatto, ma soprattutto prevale l'intenzione di spogliare la narrazione da qualsiasi ipocrisia, morale o anche solo "di convenienza". In che misura questa scelta dipende dalla volontà di affermare un modo di essere scrittore diverso da quello prevalente secondo certi schemi oggi in voga?
La narrativa che oggi si spaccia negli autogrill e nelle librerie (ma sempre più di rado) è perlopiù intrisa di ipocrisia. Tante ninfette e paraninfi scrivono romanzi pseudo erotici. Alcuni editori investono… per un ricavo immediato, pur consapevoli che di tutti i paraninfi e di tutte le ninfette, domani, non resterà nemmeno la cenere. Investono su questi qui, a patto però che siano fighi, che siano categorizzabili nel velinismo. Che sappiano scrivere o no, questa è una qualità non richiesta, tanto ci penseranno poi gli editor. Dire che la letteratura è morta sarebbe facile, troppo, per cui evito. E' morto lo scrittore, il vero scrittore. O meglio, è stato sostituito da tanti editor seriali che confezionano dei prodotti dozzinali destinati a durare il tempo di una stagione. In circolazione ci sono tanti libri che fanno la morale, politicamente corretti però vuoti di contenuti. La letteratura non insegna a vivere. Può forse aiutare il lettore, che legge un buon libro, a essere una persona più ben disposta ad accettare le idee altrui pur non condividendole, punto e basta. Il politicamente corretto ha purtroppo contribuito alla crisi, alla morte di una fetta della letteratura. Per nostra somma fortuna c'è chi non ama il politicamente corretto, ovvero l'ipocrisia. Ci sono tanti bei libri che non vengono scritti da dozzinali baciapile: il solo problema è che vengono poco pubblicizzati, anche quando pubblicati da editori rinomati, grandi e monopolistici. E questo è un vero peccato, perché dei tanti libelli scritti da ninfette e paraninfi e dai loro tanti editor non resterà un bel piffero, mentre dei bei libri che, nonostante i tempi bui che stiamo attraversando, ci sono, domani se ne parlerà e a voce ben alta. Dei bei libri che oggi ci sono, nel mio piccolo, io ne sto già parlando…
Gli schemi pseudo letterari di oggi, quelli in voga, sono schemi commerciali atti a produrre dei meri prodotti usa e getta. Il vero scrittore scrive soprattutto per i posteri. Il vero scrittore non si prostituisce agli schemi e alle mode. I tanti che ieri hanno venduto l'anima alle mode, Deo gratias!, sono stati condannati all'oblio assoluto.


3) Poco tempo fa hai dichiarato che non intendevi più occuparti di critica (anche se poi per fortuna hai deciso di tornare sui tuoi passi, limitando la tua attenzione ai testi che veramente ritieni meritevoli di attenzione). Ora, leggendo queste tue pagine, mi rendo conto che forse la tua intenzione più profonda è quella di realizzare una sorta di "mimesi" con uno degli autori più anticonformisti (ma non atteggiati, in questo modo di essere, come spesso invece succede) della storia della letteratura del Novecento. Vedi in Bukowski una sorta di "apripista" per un tuo percorso di rottura, coerente anche con le tue scelte in tema di critica?
Dopo qualche tempo passato a non occuparmi di critica letteraria, ho deciso di tornare ma di occuparmi solo di Letteratura vera, e non di libretti scritti e riscritti da editor. A un certo punto mi è venuta la nausea di dover leggere libri tutti uguali. Come ho già spiegato, di buoni libri ce ne sono: sono pubblicati da piccoli ma anche da grandi editori. Il solo problema, in ogni caso da non sottovalutare, è che questi libri non vengono pubblicizzati, neanche dagli editori che li pubblicano. La mia attenzione dunque è oggi rivolta ad autori noti e meno noti che scrivono e pubblicano storie non dozzinali, non in linea con la moda di questi tempi bui. Bukowski però non c'entra niente con la mia decisione di rivolgere l'attenzione a determinati libri piuttosto che ad altri. Non c'era bisogno ieri che Bukowski venisse promosso, dopo che Fernanda Pivano l'ha scoperto, e nemmeno c'è bisogno che oggi si straparli di Bukowski: basta il nome, perché, nel bene e nel male, tutti sanno chi è. Il suo nome è sinonimo di garanzia. Un libro di Bukowski vende sempre, in ogni stagione, indipendentemente dalle mode. Solo gli ignoranti, oggi come oggi, possono pensare che Bukowski fosse un pornografo, un maiale, un maschilista o peggio ancora. E quando parlo di ignoranti parlo di gente che pur avendo letto Bukowski, pur di accontentare il loro innato desiderio di superficialità, continuano a ripetere, come galline strozzate, che Bukowski era questo e quello. L'ignoranza si può arginare, la superficialità no. Per me non c'è differenza tra Boccaccio e Bukowski, né c'è tra Petronio Arbitrio e Aldo Busi, vale a dire che esistono libri ben scritti che restano e libri brutti, che invece non restano perché non sono né carne di porco né sogliole scongelate. E' anticonformista colui che non si svende alle mode. Chi oggi è un conformista, forse, finirà sotto i riflettori: ma val la pena di ottenere 15 minuti di successo e poi il buio nei secoli dei secoli? Per molti, sì. Buon pro gli faccia. No, non vedo in Bukowski una sorta di "apripista". Di scrittori anticonformisti… mi correggo, di veri scrittori il Novecento, e non solo, ne accoglie un gran bel numero. Molto semplicemente mi sono rotto i cosiddetti, ragion per cui mi rifiuto di spendere il mio tempo e le mie energie per libri che valgono meno di una unghia incarnita. Perché mai dovrei sprecarmi di leggere e stroncare, ad esempio, Selvaggia Lucarelli, quando ho invece la possibilità di leggere e di scrivere di Aldo Busi e del suo ultimo parto letterario?


4) "Skandalon", in greco antico, letteralmente significa "ostacolo", "inciampo". Quanto pensi che la società contemporanea, soprattutto italiana, soprattutto letteraria, abbia bisogno di un inciampo, insomma di un'uscita dagli schemi imperanti?
Quando la società letteraria, sempre con un ritardo madornale, si rende finalmente conto che è sotto il vigile occhio del Grande Fratello.
"1984", e forse ancor più "La fattoria degli animali", a loro tempo sono stati un "inciampo", insieme a "Il Maestro e Margherita" di Michail Bulgakov e a "Il dottor Živago" di Boris Pasternak. In Italia, "Gli indifferenti" di Alberto Moravia; hanno poi fatto seguito "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "Vogliamo tutto" di Nanni Balestrini, nonché molte opere di Giovanni Arpino e Dino Buzzati. Ma chi oggi legge ancora questi autori? Le nuove generazioni, no: è già tanto se leggono le istruzioni su come usare i profilattici. Non è però loro la colpa, semmai questa è da imputare alle vecchie generazioni, che hanno dimenticato la Cultura per spacciare in libreria e nelle biblioteche, al pari di certi spacciatori di droga, copertine roboanti e oltremodo kitsch con dentro dei fogli pieni di frasi fatte.
Le nuove generazioni sono delle vittime innocenti. Non leggono e quando sì, sui bancali delle poche librerie rimaste in Italia trovano i soliti quattro titoli dei soliti quattro autori, dei soliti quattro radical chic, e tanta paccottiglia scritta dagli editor di quelle ninfette di cui ho già detto. Alle nuove generazioni bisognerebbe solo insegnare a cercare libri e autori affinché operino, in tutta libertà, le loro scelte di lettura. Nessuno questo lo fa, ne consegue che la maggior parte dei giovani finiscono col leggere radical chic - i soliti quattro - e troppa robaccia pseudo erotica, talvolta mascherata da fantasy.


5) Rispetto a "L'ultimo segreto di Nietzsche" (http://www.postpopuli.it/31317-beppe-iannozzi-lultimo-segreto-di-nietzsche/), in "Scandalo" mi pare di aver colto una vena meno malinconico-intellettuale, e più viscerale, "di pancia". E' questa la direzione in cui si svilupperà la tua produzione letteraria, d'ora in poi?
Assolutamente no. Non intendo essere un epigono di Bukowski. SCANDALO è stato concepito per essere un omaggio a uno scrittore e morta lì. E' un lavoro che non replicherò.
"L'ultimo segreto di Nietzsche" (Cicorivolta edizioni) è un romanzo filosofico, allucinato, à la William Burroughs, un lavoro per tutti e per nessuno. Chi volesse approfondire può leggere l'intervista, che a suo tempo, mi facesti proprio tu, Giovanni Agnoloni, qui: http://www.postpopuli.it/31317-beppe-iannozzi-lultimo-segreto-di-nietzsche/

Ma non replicherò più neanche tematiche lisergiche e filosofiche à la W. Burroughs. Non mi piace rimanere fermo, imprigionato in uno stile e in determinate tematiche: preferisco di gran lunga esplorare, cambiare rotta in continuazione. Non intendo essere o diventare uno scrittore noioso che replica sé stesso all'infinito. Il cambiamento radicale è già in corso. "La lebbra" (Il Foglio letterario) (http://www.ilfoglioletterario.it/Catalogo_Narrativa_La_lebbra.htm) è un romanzo à la Boris Vian, il mio je accuse contro Oriana Fallaci e la sua rabbia scevra di orgoglio, ma purtroppo ricca di elementi nazionalistici. Ne "La lebbra" faccio il punto contro la stupidità della Fallaci, di quella Fallaci che ha dato stura alla sua personalissima rabbia, scaturita dopo i tragici accadimenti dell'11 settembre del 2001. Spero che "La lebbra" abbia un buon riscontro e spero di poter presto pubblicarlo con un altro editore, più grande dell'attuale, tanto più che ho già pronta un'altra versione del romanzo che include dei nuovi capitoli, molto molto forti e che inquadrano ancor meglio l'irrazionale stupidità di Oriana Fallaci e la sua islamofobia. Va da sé che chi oggi fosse interessato a pubblicare la nuova versione de "La lebbra", per forza di cose, dovrà essere un vero editore, uno con i coglioni quadrati. Nel mese di ottobre uscirà un mio nuovo lavoro (sempre per Cicorivolta edizioni), un altro romanzo di rottura rispetto alla mia precedente produzione. Sto inoltre lavorando a una silloge di poesie, che uscirà, presumibilmente, nel 2015. Non sono un poeta però, nemmeno con la "p" minuscola. Ho deciso di pubblicare alcune mie poesie perché piacciono, e non me ne spiego il motivo. E' un regalo ai miei lettori, o forse dovrei dire alle mie lettrici che, chissà perché, amano le mie poesie. Ci tengo a precisare che mai mi sono detto poeta e mai lo farò. Un poeta è uno spirito alto e divino, io invece appartengo alla terra, alle grossolane orme che mio malgrado lascio sull'asfalto bollente.

SCANDALO è una raccolta di racconti. Bukowski raccontava la sua vita, le sue esperienze, e lo faceva con onestà viscerale. I romanzi di Bukowski si compongono di episodi, di racconti. SCANDALO è un insieme di episodi che possono essere letti come dei racconti a sé. Non poteva essere diversamente questo omaggio ad Hank: viscerale. Per ragioni legate al self-publishing, ho messo a disposizione i soli racconti che compongono il romanzo. In realtà il lavoro era stato concepito per essere anche una biografia su Bukowski, manca dunque la parte biografica dove parlo di Bukowski, dello scrittore, in veste di critico. L'idea era di portare sul mercato editoriale un lavoro che fosse al contempo e una biografia e un omaggio alla scrittura di Hank. Come già detto, l'editore si è tirato indietro all'ultimo momento adducendo delle scuse un po' così e così. Ci ha perso lui, poco ma sicuro. Se un editore lo vorrà prendere, bene. Il libro, sul mercato Lulu (http://www.lulu.com/shop/giuseppe-iannozzi/scandalo/paperback/product-21606690.html) non sta deludendo le mie aspettative: il mio omaggio c'è, funziona, è più che mai originale e questo è un dato di fatto. L'editore che, all'ultimo momento, ha deciso di non pubblicare SCANDALO ci ha perso: ha forse sottovalutato quanto forte è l'interesse nei confronti di Charles Bukowski e su ogni cosa che si scrive su di lui.


6) Infine, una domanda "postmarzulliana": che cosa hai in mente, o dentro, quando scrivi? Rabbia, tristezza, pieno, vuoto o piuttosto la volontà di sferrare un attacco frontale contro certe consuetudini invalse? Perché la mia sensazione è che tu non sia solo un "provocatore". Credo ci sia sotto qualcosa, ma che tu non ce l'abbia ancora detto.
Quando scrivo mi calo completamente nei personaggi e nelle situazioni che essi vivono. Molto di rado sono parzialmente autobiografico per dar vita alle storie che poi metto su carta. Un giovane ingenuo di vent'anni, ieri, era convinto che la scrittura autobiografica fosse l'unica strada percorribile. Ero un ingenuo e uno stupido. Per fortuna sono stato strigliato ben bene e quei grilli in testa che mi invitavano a raccontare di me sono presto morti stecchiti. Non c'è niente di interessante nel raccontare di sé. E' un esercizio bambinesco che non conduce a nulla. Lo dico con il senno di oggi, ma quando ero poco più d'un ventenne, ero convinto che uno scrittore, per forza di cose, dovesse essere autobiografico. E come se ciò non bastasse, avevo l'assurda presunzione di credere che la Letteratura avesse il compito di insegnare qualcosa a qualcuno. Il ventenne Giuseppe Iannozzi era un poveretto che non sapeva scrivere. Era dannunziano fino al midollo. Era uno pieno di sé a cui avresti voluto spaccare la faccia. La verità è che se uno scrive di sé e non ha alle spalle un vissuto nella Storia (con la "S" maiuscola) che meriti d'esser raccontato, bene, quello è prima di tutto un povero di spirito e poi un fallito. Un attacco frontale contro certe consuetudini invalse, dici? In parte sì. Un provocatore lo sono, non l'ho mai negato. Alla cara Oriana Fallaci, quella del dopo 11 settembre 2001, i provocatori le stavano sul cazzo. Quant'era diversa la Fallaci degli anni Sessanta e Settanta! A ogni modo, non ci si può limitare a essere dei provocatori se non si ha della sostanza da portare al proprio pubblico: un provocatore che provoca, senza avere dalla sua dei validi argomenti, alla fin dei conti, è solo un fascistello o un piccolo, molto piccolo stalinista.
Racconto storie che sono accadute ad altri e di cui serbo memoria. Osservo l'umanità e amo mettere nero su bianco le vicende di chi ho incontrato ieri. Se scrivo di Napoleone, mi calo nel personaggio che è stato e cerco di pensare come lui, questo per conferire credibilità ai miei scritti. Inevitabilmente può capitare che ci metta del mio in alcuni personaggi ritratti, o che mi affezioni di più a una certa storia piuttosto cha ad un'altra. Di solito preferisco raccontare di persone e di accadimenti di cui pochi o nessuno ha scritto, ma non penso di avere una particolare predilezione per i borderline. Tutt'altro. Non poche volte scrivo di personaggi famosi, che però nessuno ha mai provato a tradurre su carta. Uno degli ultimi racconti che ho scritto è dedicato a Sandy Denny, o la Quinta Runa: http://iannozzigiuseppe.wordpress.com/2014/04/13/sad-sandy-la-quinta-runa-racconto-di-iannozzi-giuseppe-e-segnalazione-lultimo-segreto-di-nietzsche-cicorivolta-edizioni/
Vorrei scrivere un romanzo storico, ma oggi la moda è quella di portare sul mercato tanti romanzetti storici, o che perlomeno nelle intenzioni vorrebbero essere d'impianto storico, mentre vero è che sono mera fiction e non altro. Purtroppo anche il romanzo storico oggi è stato ridotto a un prodotto commerciale di nessun valore letterario e/o sociale.
In ogni caso, non potendo e non volendo scrivere un romanzo storico per andare incontro alla moda del momento, ho già quasi pronti dei nuovi romanzi. Ma ne dirò a tempo debito.

 


L'ultimo segreto di Nietzsche


 

ANGELI CADUTI